lunedì 24 settembre 2007

Marvels di Kurt Busiek e Alex Ross

Marvels di Kurt Busiek e Alex Ross è il primo contenuto extra del mio saggio Analisi del fumetto. La composizione delle coppie di tavole.

I contenuti extra sono dei pezzi legati al tema del libro ma non presenti nel sommario. Insomma, se vi è piaciuto il libro trovate qualcosa in più fra i contenuti extra e viceversa.

Marvels
[1] di Kurt Busiek e Alex Ross è la narrazione in chiave non supereroistica degli eventi che hanno fatto grande l’Universo Marvel partendo dal 1939, quando la casa editrice Timely Comics, sulla scia del successo di Action Comics [2] e Detective Comics [3] della concorrente National Periodical Publications, iniziò a pubblicare i suoi primi fumetti di supereroi, fino ad arrivare al 1972, anno della morte di Gwen Stacy. In questa rivisitazione degli albi più importanti della Marvel il punto di vista dei supereroi, solitamente al centro dell’attenzione e perno di qualunque serie di questo genere fumettistico, viene accantonato per dare spazio ai pensieri delle persone comuni. I supereroi finiscono sullo sfondo e gli autori focalizzano l’attenzione sulla reazione della gente normale che da un giorno all’altro inizia ad assistere a veri e propri miracoli, trovandosi di fronte uomini che prendono fuoco senza ustionarsi o che volano, magari grazie a vere ali, come degli angeli.


Nei fumetti marvelliani degli anni ’60 Stan Lee aveva preso in considerazione il fatto che le azioni dei supereroi (o più semplicemente la loro esistenza) potessero avere delle conseguenze nella vita delle persone qualunque. Questo aspetto non era certo stato trascurato nella collana The Amazing Spider-Man in cui il protagonista Peter Parker si fotografava durante le sue ronde nei panni dell’Uomo Ragno e vendeva le pellicole al quotidiano Daily Bugle diretto da James Jonah Jameson. In questo modo venivano introdotte nella serie le opinioni del direttore del principale giornale newyorkese, tanto nemico dell’Arrampicamuri da diventare una macchietta. Era un modo per non appiattire la serie sui soli pensieri del protagonista, aggiungendo una voce che non esprimeva solo opinioni personali ma, in quanto editorialista di un’importante testata giornalistica, rifletteva e indirizzava i pensieri di una parte dell’opinione pubblica.

Qualcosa di simile avveniva nell’altro pilastro della Marvel, Fantastic Four, dove, nelle prime due vignette del primo numero [4], la serie non esordiva con una presentazione dei quattro celebri protagonisti ma con le immagini della folla terrorizzata dall’apparizione in cielo di una frase fiammeggiante, scambiata per l’inizio di un’invasione aliena.

In questa polifonia di avventure epiche e agganci realistici emerge però una preferenza per le prime, come dimostra ad esempio l’incipit di Fantastic Four n. 15:

«Improvvisamente si sporge una mano potente che spara un razzo luminoso nel cielo serale... «…E la nostra avventura nella fantasia ha inizio!» [5] Quei fumetti, pur non disdegnando dei richiami (anche forti nel caso della serie dell’“Uomo Ragno”) al realismo, erano dunque per prima cosa dei viaggi sulle ali della fantasia. La volontà di scrivere storie di fantasia tenendo conto dell’elemento realistico emerge nella prefazione di Stan Lee al primo Masterwork dei Fantastici Quattro. «Realismo! Ehi, so che realismo sembra stupido parlando di personaggi in costume che possono allungarsi come elastici, andare in fiamme, diventare invisibili, e fare a pezzi una Toyota con una mano sola. Ma io sto restando nel mio campo! Bisogna vederla in questo modo: c’erano molti, molti supereroi che saltellavano giocondi nei loro mutandoni colorati prima che i FQ entrassero in scena. Ma di fatto nessuno di loro aveva problemi personali, nessuno doveva preoccuparsi di guadagnarsi da vivere, nessuno discuteva mai o perdeva la calma con altri supereroi. Questo prima dell’arrivo del nostro affascinante quartetto. Certo, i nostri eroi avevano dei fantastici superpoteri e combattevano i tipi più strani e stravaganti, ma noi provavamo a farglielo fare realisticamente…!» [6]

Busiek invece rivisita quelle storie di trent’anni prima tentando un diverso tipo di approccio. Lo scrittore americano «guarda con commozione ai primi anni di vita della cosiddetta Casa delle Idee, tentando di restituire al pubblico il sense of wonder di quei tempi tramite lo spostamento registico degli assi di inquadratura delle sue ideali cineprese. I supereroi appaiono così come divinità sovrumane che i comuni mortali percepiscono con difficoltà: solo come delle scie di luce in volo, oppure come immagini sfocate riprese da telecamere amatoriali o da macchine fotografiche istantanee, o ancora come forze della natura la cui presenza viene testimoniata esclusivamente dalla scia dei danni materiali prodotti nel corso dei loro scontri» [7].

Nel primo capitolo dell’opera troviamo l’esempio forse più calzante di questo nuovo punto di vista voluto da Busiek. Il primo scontro fra Sub-Mariner e la Torcia [8], affascinante e brutalmente fiabesco nel fumetto dell’epoca, si trasforma in qualcosa di terribile se viene descritto attraverso gli occhi di una persona che rischia di subirne le conseguenze. Questa è la descrizione che ne dà Phil Sheldon, il protagonista di Marvels: «Sub-Mariner si era scatenato contro la città… Il capo della polizia gli aveva mandato contro la Torcia. (…) «Assistere allo scontro delle Meraviglie, con Sub-Mariner che sfrecciava di qua e di là seminando distruzione e la Torcia che lo seguiva con una scia di fuoco… «…Doveva sembrare una sorta di balletto aereo. Pericoloso, bello ed eccitante. «E forse lo era. «Ma non per noi. «Quel che vedevamo erano massacri, distruzione e caos… «…E gente impaurita, che un attimo prima si sentiva al sicuro, ora cercava di scappare senza sapere da quale parte correre».

I fumetti della Marvel portano da sempre con sé una porzione di pessimismo, particolarmente incisiva nelle serie dell'Uomo Ragno e degli X-Men, quasi mai accettati come eroi in modo acritico dall'opinione pubblica ma anzi odiati nonostante le loro azioni e buone intenzioni e trattati alla stregua di criminali. In Marvels sentimenti come l’odio e la paura della gente emergono nel modo più chiaro possibile, finendo al centro dell’attenzione.

«Cosa faremmo se davanti ai nostri occhi si stagliasse un essere fiammeggiante o un potentissimo anfibio? Fuggiremmo o rimarremmo sbalorditi a guardare? E quale sarebbe il nostro primo pensiero, la nostra sensazione a riguardo? A questa domanda ha cercato di dare una risposta lo scrittore Kurt Busiek (…) innestando la figura del supereroe nel tessuto sociale di oltre un trentennio di storia americana. La prima sensazione è ovviamente di stupore e incredulità. Poi subentra la paura». [9]

Nel fumetto di Busiek e Ross le vite dei newyorkesi non sono importanti solo quando vengono sfiorate dalle Meraviglie. I ruoli di persone comuni e Meraviglie si invertono e sono le seconde a finire “in secondo piano” e ad essere prese in considerazione solo quando toccano le vite delle persone comuni.

Date queste premesse il personaggio principale dell’opera non può che essere una persona qualunque. Gli autori scelgono come osservatore privilegiato delle Meraviglie il fotografo di cronaca di nome Phil Sheldon, un uomo giovane e ambizioso, desideroso di fare carriera nei quotidiani andando sul fronte a ritrarre gli orrori della Seconda Guerra Mondiale. E' proprio in questo periodo, negli anni della sua giovinezza e del conflitto avviato dalla Germania nazista, che gli eroi (o mostri a seconda dei punti di vista) iniziano a fare le loro prime apparizioni, a volte annichilendo i Newyorkesi, come nel caso di Sub-Mariner che scatena sulla città un violento tsunami, ed a volte infondendo coraggio nei momenti più critici e delicati, grazie alla figura carismatica di Capitan America e all'eco delle sue imprese che giunge dal fronte europeo. La vita di Sheldon scorre di fianco a quella dei supereroi dalla fine degli anni ’30 fino agli anni ’70, qualche volta intersecandosi, grazie al suo lavoro di fotografo che lo porta ad andare a caccia di scatti dei supereroi, e qualche volta mantenendosi distante anni luce (letteralmente in certi casi).

Stupore, incredulità e paura vengono fatti capire al lettore principalmente attraverso la scelta di privilegiare il pensiero dell’uomo comune (a seconda dei casi Sheldon oppure tutta la popolazione) e per mezzo del realismo grafico di Ross.

Non sono però gli unici strumenti utilizzati da Busiek e Ross, che trovano nella composizione delle coppie di tavole un mezzo per rendere ancora più incisiva e penetrante questa loro impostazione.

L’incipit di Marvels è il risultato di una commistione fra coppie di tavole affiancate e composte per opposizione. La prima tavola è collocata nella pagina destra ed ha quindi un’iniziale autonomia compositiva e narrativa. Lo scopo di questa tavola è molteplice. In primo luogo serve a fornire una coordinata temporale, l’anno 1939, che risveglia nei lettori i ricordi della Seconda Guerra Mondiale più che quelli fumettistici legati alle Meraviglie. Il primo impatto del lettore con Marvels non ha quindi a che vedere con la fantasia e la fantascienza del fumetto supereroistico ma con uno dei fatti storici che ha segnato maggiormente il XX secolo. Fin dalla prima pagina gli autori rimarcano la sottomissione della fantasia al realismo. La guerra che infiamma l’Europa, pur essendo vissuta in quel periodo in modo distante dal popolo americano, è vista da reporter e fotografi come un’occasione ghiotta per fare carriera. Sono giornalisti i protagonisti di questa sequenza, e dal gruppo emerge Phil Sheldon che non si tira indietro dal battibeccare con l’ancora sconosciuto J.J. Jameson, futuro direttore dei Daily Bugle e acerrimo nemico dell’Uomo Ragno. Lo scopo di questa prima pagina non è circoscritto alla semplice presentazione del protagonista dell’opera e alla collocazione storica degli avvenimenti. La vera intenzione di Busiek e Ross è abituare il lettore ad una situazione che verrà sovvertita nelle pagine successive dove, nella coppia di tavole affiancate formata dalle tavole 2 e 3 e nella splash page di pagina 4, irromperà nell’Universo Marvel la prima Meraviglia, la Torcia Umana originale. Grazie a questa composizione il lettore viene abituato all’idea che sta alla base di Marvels, cioè guardare la storia narrativa della Casa delle Idee attraverso la lente del realismo. L’innesto dell’avvento dei supereroi su una situazione credibile e immediatamente riconoscibile e inquadrabile dal lettore (la Seconda Guerra Mondiale) dà uno statuto di verosimiglianza ai supereroi stessi, perché l’inizio realistico getta la sua ombra sui successivi fatti immaginari, per quanto fantasiosi siano.

Nel terzo capitolo di Marvels è presente un’altra interessante serie di coppie di tavole, legata questa volta alla celebre saga [10] dell’Arrivo di Galactus. In una splash page collocata nella pagina sinistra Galactus si staglia possente sopra New York, come un Dio vendicativo e malvagio, mentre di fianco c’è una tavola divisa in vignette in cui il lettore assiste alle prime reazioni dei newyorkesi all’arrivo di quell’Anticristo dallo spazio profondo. Nelle pagine successive ci sono altre otto coppie di tavole affiancate consecutive composte in questo modo. Le tavole successive collocate a sinistra continuano ad ospitare splash page supereroistiche in cui la lunga battaglia nei cieli della metropoli è raccontata con fotogrammi privi di una connessione narrativa fra di loro. In tutte le tavole piazzate a destra, sempre divise in vignette, c’è invece un filo conduttore. Dopo avere descritto lo sbigottimento iniziale dei cittadini, queste tavole diventano l’incubo di Phil Sheldon, perduto in una New York sull’orlo del baratro. La sequenza è un lungo viaggio in un Inferno in Terra in mezzo a gente spaventata o priva di senno, rassegnata o ignara, ubriaca o improvvisamente credente. Nella serie di coppie di tavole affiancate la battaglia nel cielo e il viaggio allucinato del fotografo procedono paralleli. La battaglia fra supereroi e Dei cosmici è presentata in modo sconnesso, incoerente e non lineare perché così è percepita dalla gente che la guarda da terra: pochi flash quando i combattenti sono vicini, senza riuscire a capire chi sta vincendo o semplicemente cosa sta accadendo. I cittadini non sono nemmeno interessati a sapere come si evolve lo scontro che vede coinvolti i Fantastici Quattro, il Divoratore di Mondi e l'Araldo Silver Surfer, perché i pensieri più immediati vanno alla morte che è quasi imminente. Sconvolti e tanto lontani dalle vicende di esseri soprannaturali che volano sulle loro teste, non hanno il minimo interesse per gli stratagemmi escogitati dai supereroi per sconfiggere Galactus. Vogliono solo che l’incubo finisca.

NOTE

[1] Kurt Busiek e Alex Ross, «Marvels», trad. it. Pier Paolo Ronchetti, Marvel magazine, n. 4-7, Marvel Italia, Bologna, 1994-1995 [1994].

[2] La collana in cui ha esordito Superman nel 1938. Vedi: Jerry Siegel e Joe Shuster, Superman Archives, vol. I, DC Comics, New York, 1989 [1938-1939]. L’Archivio contiene una ristampa dei primi due numeri della collana Superman (iniziata nel 1939) che a sua volta ristampava i primi episodi di Superman apparsi su Action Comics.

[3] Collana antologica che, a partire dal n. 27 del maggio 1939, ha ospitato prevalentemente i fumetti di Batman. Vedi: Bob Kane et al., Batman Archives, vol. 1, DC Comics, New York, 1990 [1939].

[4] Stan Lee e Jack Kirby, «The Fantastic Four!», in Essential Fantastic Four, vol. I, Marvel Comics, New York, 2001 [1961]; Stan Lee e Jack Kirby, «I Fantastici Quattro!», in Grandi Eroi Marvel: I Fantastici Quattro, vol. 1, Comic Art, Roma, 1990 [1961].

[5]«Suddenly, a lean, powerful hand fires a bright flare into the evening sky… «...And our adventure into fantasy begins!» Da Stan Lee e Jack Kirby, «The Mad Thinker and his Awesome Android!», in Stan Lee e Jack Kirby, Essential Fantastic Four, vol. I, Marvel Comics, New York, 2001 [1963].

[6] Stan Lee, «Introduzione», trad. it. Paolo Accolti-Gil, in Stan Lee e Jack Kirby, Grandi Eroi Marvel: I Fantastici Quattro, vol. 1, Comic Art, Roma, 1990 [1987], pag. 4.

[7] Alessandro Di Nocera, Supereroi e superpoteri, seconda edizione ampliata, Alberto Castelvecchi Editore, Roma, 2006 [2000], pag. 216.

[8] Carl Burgos e Bill Everett, , «Human Torch», in Timely Comics Presents: Human Torch, Marvel Comics, New York, 1999 [1940]

[9] Giuseppe Guidi e Riccardo Vinci, «Bagliori di gloria», in Marvel Magazine, n. 4, Marvel Italia, Bologna, 1994, pag. 48.

[10] Raccontata originariamente in Stan Lee e Jack Kirby, I Fantastici Quattro. L’arrivo di Galactus, trad. it. Andrea Plazzi, Marvel Italia, Modena, 1998 [1965-1966].

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